Tema ispirato dalla Cittadinanza Digitale (Sharenting)
Link del video su Sharenting: https://www.youtube.com/watch?v=AUMaCgIDhOE&t=8s
Questa storia narra della vicenda della famiglia Negretti. Tommaso e Sara, sposati da 3 mesi, misero al mondo il piccolo Edoardo che nacque l'uno aprile allo Spalanzani di Roma.
Una volta a casa con il loro piccolo, i due neogenitori decisero di fare delle riprese al piccolo Edoardo. Il padre, preso da un momento di felicità per la nascita del bambino, decise di condividere sui suoi canali social tutti i video che aveva fatto. Tommaso aveva condiviso i video con buone intenzioni ma fece un errore perché purtroppo uno dei video non venne visto solo dai parenti stretti della coppia ma anche da Salvo Caschetti che diciamo non era proprio il più benvisto del paesello. Ogni giorno, Tommaso e Sara facevano tante foto al figlio e poi le mettevano su Internet. Facendo così però i genitori di Edoardo si persero gran parte della crescita del bambino perché si occupavano di più di far emergere le foto su Internet che l'amore per Edoardo.
Tommaso e Sara però non avevano mai coperto il volto di Edoardo in nessuna delle foto scattate e facendo così avevano messo in una seria posizione di pericolo sia loro che il bambino. Le immagini di Edoardo finirono dunque in rete e tramite mani sbagliate vennero inserite in contesti non proprio consoni per le immagini di un bambino piccolo.
Tommaso e sua moglie, vedendo le foto del loro piccolo in un sito vietato ai minori, decisero dunque di denunciare tutto alla polizia del paese.
Il sergente Guglielmo Placidotti prese in carico il caso del piccolo Edoardo. Facendo accurate ricerche per varie zone del territorio di Roma, il sergente scoprì che il ragazzo che aveva commesso il fatto viveva in una casa popolare alla Garbatella. Il sergente allora decise di smuovere i suoi contatti per scoprire in che appartamento si nascondesse il ricercato. Dopo tre settimane al sergente arrivò una chiamata anonima. La voce, modificata da un microfono della polizia, disse: "Io so dove si nasconde il ragazzo che state cercando, viene sempre a vedere la Lazio in tribuna Monte Mario, sta sempre negli ultimi seggiolini dello Stadio Olimpico di Roma". Il sergente disse: "Ok, la ringrazio, ora però mi serve il nome del ragazzo perché sennò altre coppie possono rischiare". La voce disse: "Rischio se dico quel nome però lo dirò comunque. Dovete cercare Membo Caster, si chiama così". Il sergente disse: "La ringrazio ma lei chi è?". La voce disse: "A questo punto è inutile nasconderlo, io sono Silvio Marcolini".
La polizia, con una scusa, acquistò un biglietto per Lazio-Spezia. La partita era proprio quella sera. Membo Caster, il capo ultrà della Lazio, non fece aspettare tanto i carabinieri prima di farsi vedere. Alla fine della partita del campionato, Membo venne atteso ai cancelli dello Stadio Olimpico di Roma dai poliziotti che lo presero in consegna e lo portarono in centrale per un interrogatorio. All'una di notte, il capo ultrà della Lazio confessò di aver commesso il fatto davanti al giudice. La famiglia del piccolo Edoardo ebbe immediatamente un risarcimento di 700 euro e Membo Caster venne condannato a scontare 6 anni di detenzione nel carcere di Regina Coeli per uso improprio di scatti privati di un infante.
Nessun commento:
Posta un commento