Andato via, lontano.
Questo il mondo.
Quando sbocciano le rose.
E la Cinzia?
Quando fa l'amore.
Io mi sogno che faccio l'amore.
Da letargo.
Animali, insetti.
Fioriscono le piante.
E le rondini?
Che tornano.
Noi dobbiamo una cosa.
Quando si deve lavorare.
Quando?
Un amore.
Fatta così.
Franco B.
( ben chiaro è già dall'inizio il fine ultimo del Poeta in questo scritto, ovvero la metamorfosi da una condizione di solitudine all'epilogo finale dell'amore condiviso in tutte le sue forme. Così come ci ha già deliziosamente abituati non mancano fra le righe le domande inevase che possono trovare una risposta solo con la meditazione privata con noi stessi scavando negli altri più reconditi del nostro cuore e della nostra mente. Consiglia Egli di prenderci anche solo una manciata di minuti per eseguire tale operazione certo che, male che vada, ci saremmo comunque presi un po' di tempo per stare con noi stessi giacché fare quadrato con i nostri sentimenti e con la nostra anima.
"Noi dobbiamo una cosa" ci ricorda. "Cosa dobbiamo?" si domanderà l'ignaro lettore protendendo le nari, inarcando le sopracciglia e fregandosi il mento. E' indiscutibilmente un debito al quale fa riferimento il Nostro, ma verso chi? Lapalissiano. Sin dalla nascita, a parer del Poeta, siamo in credito con la Creazione per il dono della vita e vale la pena tenere ben presente questa condizione per fare in modo che non vada sprecata e si possa dare il giusto peso ai propri atti nei confronti del prossimo e verso sè stessi. Solo quando saremo in grado di fermarci qualche istante ad apprezzare inebriati il volo delle rondini ci ricongiungeremo con il resto dell'umanità abbandonando quella condizione di solitudine innata che avevamo nel grembo materno. Solo allora non saremo più il nostro amore, ma diverremo l'amore di tutti.
Franco B: Nostro d'amore, amore nostro)
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